Riporto di seguito un passo letto oggi tratto dal libro di Cialdini, famoso psicologo sociale, e che ha rispolverato nella mia mente una delle tante riflessioni che solitamente faccio sia in qualità di mamma che di maestra.
Con piacere lo condivido perché sono convinta che noi
educatori siamo tutti d’accordo, ma nello stesso tempo tutti in difficoltà nel
trovare una soluzione di fronte a determinati comportamenti contraddittori dei
bambini.
Recita così:
“Le scienze sociali ci insegnano che la responsabilità interiore di un comportamento viene accettata quando si pensa di averlo eseguito per libera scelta, in assenza di forti pressioni dall’esterno.
Una grossa ricompensa costituisce una pressione
del genere, che può indurci a compiere una certa azione, ma non farcene sentire
pienamente responsabili. Non saremo quindi impegnati a mantenere una qualche
coerenza con quell’atto.
Lo stesso vale per una forte minaccia, che può motivare un’acquiescenza immediata, ma difficilmente un impegno a lungo termine.”
Introduce, dunque, un concetto molto importante anche per
quanto riguarda l’educazione dei bambini, facendoci porre questi interrogativi:
Quanto le ‘’minacce’’ o le “lusinghe” sono valide al fine di
ottenere un’obbedienza a lungo termine da parte loro e non solo secondo circostanze
diverse?
Quanto i bambini si sentono davvero responsabili delle azioni
che noi chiediamo da loro?
Si fa riferimento a tal proposito ad un noto e interessante esperimento di
Freedman (1966-Compliance Without Pressure), eseguito con bambini dai sette ai nove anni, che non sto qui a descrivere, ma che appunto
mette in discussione tale validità.
Dimostra che finchè non avviene un "cambiamento
interiore" allora il nostro insegnamento
non è stato interiorizzato dal bambino, e che 'punizioni' o 'ricompense' a nulla servono se non ad una temporanea obbedienza.
Per ottenere il suddetto cambiamento interiore, suggerisce di trovare
l’esatta gradazione
dal semplice
invito ad un leggero avvertimento,
riducendo al minimo indispensabile la pressione esterna, in modo che il bambino
sia spinto ad eseguire il comportamento desiderato e nello stesso tempo
sentirsene responsabile.
Non è un compito facile, si sottolinea, ma merita svolgerlo
per ottenere un impegno duraturo,
invece che “un conformismo passivo di breve respiro”.
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