Il testo che segue è solo uno stralcio della più ampia riflessione di Bergoglio. Se ne riporta la parte già pubblicata dal quotidiano Avvenire l'11 settembre 2013
DI JORGE MARIO BERGOGLIO
Vorrei in particolare richiamare l’attenzione di tutti coloro che oggi hanno il compito di guidare i bambini e gli adolescenti nel loro processo di maturazione . Credo sia indispensabile cercare di accostarsi alla realtà che i ragazzi vivono nella nostra società e interrogarsi sul ruolo che noi rivestiamo in essa. Le pressioni del mercato, con le sue proposte di consumo e la sua spietata competitività, la mancanza di risorse economiche, sociali, psicologiche e morali, la sempre maggiore gravità dei rischi da evitare… tutto ciò fa sì che per le famiglie divenga sempre più difficile svolgere la propria funzione e che la scuola resti sempre più sola nel compito di contenere, sostenere e promuovere lo sviluppo umano dei suoi alunni.
Questa solitudine finisce, inevitabilmente, per essere vissuta come superesigenza. So che voi, cari docenti, vi state facendo carico non solo di ciò per cui vi siete preparati, ma anche di una molteplicità di domande, esplicite o implicite, che vi affliggono. A questo si aggiungono i mezzi di comunicazione (che non si capisce bene se aiutino o confondano ancora di più le cose) che trattano temi delicatissimi con la stessa leggerezza con cui espongono le vicende personali dei personaggi dello spettacolo. E tutto questo mentre assumiamo sempre di più le sembianze di una società del controllo in cui nessuno si fida di nessuno, mentre all’inedita attenzione giustamente prestata alle molte forme di negligenza e di abuso vengono addossate tanto la cattiva abitudine di sventolare denunce senza controllare sufficientemente le fonti quanto la mancanza di scrupolo di personaggi che nelle istituzioni vedono soltanto un’occasione di guadagno a qualsiasi costo. E quindi?
Cosa dovete fare voi che già siete stanchi e pieni di responsabilità? Ciò che non si può mettere in discussione è che voi vi confrontate quotidianamente con ragazzi e ragazze in carne e ossa, con possibilità, desideri, paure e carenze reali. Ragazzi che stanno lì, presenti, in tutta la loro realtà e si pongono davanti a un adulto chiedendo, sperando, criticando, pregando a modo loro, infinitamente soli, bisognosi, spaventati, con piena fiducia in voi, sebbene a volte la dimostrino con aria indifferente, disprezzo o rabbia; attenti a cogliere se qualcuno offre loro qualcosa di diverso… o gli sbatte di nuovo la porta in faccia. Una responsabilità immensa che ci richiede, non soltanto una scelta etica, non solo un impegno consapevole e faticoso, ma anche, e in modo basilare, un’adatta maturità personale.
La maturità è qualcosa di più della crescita. Non è semplice definire in cosa consista la maturità. Soprattutma to perché più che un concetto, la maturità sembra essere una metafora. Presa in prestito dalla frutticoltura? Non lo so. Se così fosse, sarebbe subito necessario indicare che esiste una differenza tra le mele, le pesche e gli esseri umani. Mentre il pieno sviluppo (perché di questo si tratta) dei frutti è un processo che dipende direttamente da specifici processi genetici del vegetale e da adeguate condizioni ambientali, nel caso della maturità umana non si tratta soltanto di genetica e di alimentazione. Se la maturità fosse soltanto lo sviluppo di qualcosa di preesistente all’interno del codice genetico, allora non ci sarebbe davvero un granché da fare.
Il dizionario della Real Academia offre un secondo significato per maturità: «capacità di giudizio o prudenza, buon senso». E qui ci addentriamo in un territorio ben diverso da quello della biologia. Perché l’essere prudenti, l’avere giudizio e buon senso non dipendono da fattori di crescita meramente quantitativa, da tutta una catena di fattori che si concentrano in una persona. Per essere più esatti, al centro della sua libertà. Quindi, la maturità, da questo punto di vista, potrebbe essere intesa come la capacità di usare la nostra libertà in modo 'sensato', 'attento'. Non mi compete, in quanto pastore, 'dare lezioni' di psicologia, ma è mio compito invece proporvi una serie di considerazioni relative all’orientamento del nostro libero agire. Se parliamo di buon senso e attenzione, la parola, il dialogo, e persino l’insegnamento avranno molto a che vedere con la maturità. Perché, per riuscire ad agire in quel modo sensato, una persona deve aver accumulato molte esperienze, fatto numerose scelte, messo in pratica molte risposte alle sfide della vita. È ovvio che non può esserci buon senso senza tempo. Ma riprendiamo il concetto della persona matura come di qualcuno che usa in un determinato modo la sua libertà. Qual è, ci domandiamo subito, quel modo? Perché a questo punto sorge un altro problema: esiste una sorta di tribunale della maturità? Chi decide quando qualcosa è sensato e prudente? Gli altri (di chiunque si tratti)? Oppure ognuno in base alla propria esperienza e al proprio punto di vista?
Se, in prima istanza, dobbiamo mettere in relazione la maturità e il tempo, in seguito dovremo inserirci all’interno del conflitto tra l’individuo e gli altri. La libertà nel tempo, la libertà nella società. Questo è dunque il percorso che vi propongo. Un percorso che, come avremo modo di vedere, ci permetterà di comprendere la maturità umana in una prospettiva aperta. Perché alla fine ci troveremo di fronte a un’ultima dimensione della maturità: l’invito divino a trascendere l’orizzonte dell’intersoggettivo e sociale per aprirci all’elemento religioso, ovvero, si passerà dalla maturità etica alla santità.
Avvenire-Agorà, 11 settembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento