Riporto di seguito un testo tratto dal libro di storia "I passi della storia" di Sergio Zavoli, adottato per le classi terze della secondaria di I grado nella mia scuola.
Si tratta di una riflessione lucida e disincantata su noi italiani e sull'idea che abbiamo di noi stessi. Superiori agli altri? Nemmeno a dirlo, vista la nostra storia politica e sociale, anche recente. Peggiori? Forse nemmeno: siamo troppo spesso propensi a sottovalutarci e a spianare la strada ad una esterofilia infantile ed impietosa. Cosa siamo, dunque?
Forse anche in questo caso la verità sta nel mezzo: non siamo né migliori né peggiori degli altri. Siamo circa 60 milioni di occidentali (e con questo aggettivo intendo semplicemente sottolineare aspetti culturali, storici e sociali che distinguono la nostra fetta di mondo da altre zone del globo) con pregi e difetti, con luci ed ombre, siamo il dottor Jekill e Mr. Hyde; purtroppo, però, vuoi per ignoranza vuoi per opportunismo, siamo troppo propensi a vedere ciò che ci fa più comodo.
Il testo che segue può essere usato in classe, dalla terza della scuola secondaria di I grado in su, per discutere su argomenti attuali e interpretare con lucidità e onestà intellettuale alcuni avvenimenti della nostra storia.
Italiani: popolo si santi, poeti, navigatori?
Che gli italiani siano "brava gente" non è un mito: è una sciocchezza o una banalità! Gli italiani sono come gli altri, con alcune virtù in più e altre in meno. Qualche esempio: accogliamo con slancio i bambini di Chernobyl, di Sarajevo, di Tirana, ma di fronte al "Telefono azzurro", e a qualche cassonetto, c'è da arrossire! Perché?
Rifiutiamo la pena di morte, ma le nostre fabbriche hanno prodotto un numero sterminato di mine anti-uomo. Scarsi conoscitori della nostra storia, ci piace pensare che gli altri valgano meno di noi: i francesi vanitosi e arroganti, gli inglesi egoisti, i tedeschi rigidi e freddi, gli spagnoli retorici, gli americani infantili... e via così. Perché?
Noi invece siamo un popolo si santi, di poeti, di navigatori!
Ma in Etiopia abbiamo usato le armi chimiche per domare la resistenza dei RAS fedeli al NEGUS, anche se a nessuno di noi piace crederlo. Resta scritto nei libri di testo che "in terra abissina abbiamo lasciato una quantità di strade, ponti, ospedali", ed è vero; ma non diciamo che in Libia, in Grecia, nell'ex-Jugoslavia, persino in Spagna, siamo stati capaci di sporadiche, certo, ma autentiche atrocità.
Vedere luci ed ombre
La guerra, nella sua brutalità, non fa sconti a nessuno. Di tutto ciò che possiamo aver fatto di male dobbiamo accettare la responsabilità. E' del resto risaputa la nostra attitudine allo slancio umanitario e alla solidarietà, così come alla sopportazione e alla misericordia. Infinite vicende tracciano il profilo all'opposto, di un paese pieno di furbi, scansafatiche, imbroglioni, non di rado descritto da osservatori impietosi, o malevoli, o ingiusti.
Ma da qui a dire che siamo colombe sempre in volo con il rametto di ulivo in bocca troppo ci corre. Quello che serve - dopo avere conosciuto tanta retorica - è una sana capacità di vederci come siamo, con luci ed ombre, come si dovrebbe fare con ogni persona, popolo o nazione.
Vogliamoci bene, dunque, ma proviamo anche a conoscerci davvero. Nel primo caso lo sforzo è minimo, nel secondo è massimo. Ma il secondo vale più del primo.
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