L'articolo che stimola questa riflessione - e che propongo in calce - è stato pubblicato sul Sole 24 ore qualche giorno fa (il 31 marzo), con il titolo "Evolversi con le storie".
L'autore è Ernesto Ferrero.
L'articolo prende le mosse da un libro di Jonathan Gottschall, biologo, psicologo, neurologo e studioso di letteratura presso il Washington & Jefferson College di Pittsburgh, il quale sottolinea, spaziando su svariati argomenti ed esempi, quanto la narrazione sia fondamentale per la crescita dell'individuo.
In fondo - si potrebbe pensare - non c'è nulla di nuovo sotto il sole: già Jerome Bruner, il noto pedagogista, aveva teorizzato quanto l'apprendimento e la crescita dell'individuo passino attraverso la percezione, la produzione e la manipolazione delle narrazioni.
Eppure in questo articolo, riassunto in modo esaustivo nell'articolo di Ferrero, si va ancora più a fondo della questione, e si analizzano aspetti legati alla narrazioni estendendoli ai vari ambiti della vita: la politica, ad esempio, è una narrazione di cui l'uomo non riesce a fare a meno; i sogni, una narrazione indispensabile che però sfugge al nostro controllo cosciente.
Insomma, l'assunto fondamentale di tutta la questione, sia che ci rifacciamo alle teorie pioneristiche di Bruner, sia che la affrontiamo prendendo le mosse dal lavoro di Jonathan Gottschall, è che l'essere umano non è stato modellato per le storie, per fruirle, apprezzarle, crearle, ma "dalle" storie. La narrazione, insomma, rientra nel tessuto biologico e antropologico dell'uomo, almeno quanto vi rientra il linguaggio e la capacità del pensiero astratto.
Perché, ad esempio, amiamo le storie horror? Ne abbiamo paura eppure spesso non riusciamo a farne a meno. Siamo persino disposti - e in questo le donne sono maestre - a guardarle con le mani davanti agli occhi, senza tuttavia rinunciarvi. Il motivo è che questo genere di storie, in cui prevale il pericolo, la paura, il rischio di perdere la vita propria e quella dei nostri cari, ci preparano ad eventuali situazioni tragiche e di pericolo; la narrazione, in altre parole, ha il potere di fungere da potente anticorpo per eventuali (per fortuna) situazioni analoghe che possono presentarsi.
Gli argomenti e le riflessioni potrebbero moltiplicarsi. Vi lascio all'interessante articolo di Ferrero, sottolineando, però, quanto discorsi del genere possano influire sul nostro modo di fare scuola: riappropriarci in modo sistematico, attivo e creativo delle narrazioni a scuola - a scapito di un'eccessiva "tecnologizzazione spersonalizzante" delle aule - avrà certamente un ottimo risvolto educativo ed evolutivo sulla qualità del nostro lavoro e su quella dell'apprendimento dei ragazzi.
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