La mia affermazione non nasce dal nulla, ma dalla sana
consapevolezza che mio figlio NON sa perdere e NON vuole perdere! La sconfitta
davvero non la digerisce: la delusione di un cattivo risultato gli genera
inevitabilmente un senso di rabbia e di rifiuto.
E “BISOGNA SAPER PERDERE” è
altresì il capitolo del libro
“Giocare con… giochi
ed idee originali per le attività motorie dai 4 ai 12 anni”, che stamattina ho volentieri
rispolverato dal mio archivio per cominciare a correre ai ripari…
“Sempre più spesso si sente parlare dei bambini che non
giocano o non sanno più giocare, che sono aggressivi, che non riescono a capire
ed adeguarsi alle regole e soprattutto, che trasformano la sconfitta in un vero
e proprio dramma. […]
E’ un dato di fatto inconfutabile, i bambini non giocano,
giocano poco o giocano in maniera innaturale!!! Le cause?”
Dedicato in particolare a coloro
che operano nel settore dell’educazione motoria, il suddetto manuale suggerisce
le soluzioni sia rispetto alla conduzione del gioco, sia rispetto alle paure
dei bambini, nonchè rispetto all’ organizzazione. Dunque ne farò tesoro per il
mio lavoro a scuola…
E il discorso è esteso a tutti: genitori
chiamati in causa con il loro permissivismo e/o eccesso di affetto e/o pretese
elevate; i mass media con gli stereotipi comportamentali che suggeriscono
quotidianamente; ecc. ecc. Situazioni estreme che conosciamo già bene!
Certo, le cause, chissà… ogni
bambino vive esperienze diverse ed ogni genitore è consapevole (lo spero!) dei
propri errori.
“E’ sempre più raro riuscire a lavorare con
bambini sereni, non condizionati, spontanei, equilibrati”
Ecco, quando la maestra/il maestro ci dice che il bambino
non sa giocare, non sa rispettare le regole, vuole primeggiare, è prepotente,
oppure ci dice che mette il muso quando perde, si rifiuta di partecipare senza
un motivo, ecc. ecc. da genitore mi
preoccuperei per due motivi: 1)il bambino sta vivendo un disagio e 2)
difficilmente sarà accolto volentieri dagli altri.
La scuola non può sostituirsi a
tutti i contesti vissuti dai bambini; s’impegna, ma non basta da sola, ad
insegnare ad accettare ed
elaborare l’ansia della sconfitta, a trasformarla in motivazione a lavorare di
più e migliorarsi.
Fondamentale al giorno d’oggi, è ad
esempio frequentare un centro sportivo
dove il bambino faccia esperienza di relazione
e confronto costruttivo con gli altri, di ascolto, di collaborazione, ecc. Ma
dove la sconfitta deve essere vissuta come un evento probabile e la molla a
lavorare al meglio delle proprie capacità.
Le parole sono belle.
Pronunciamole ai bambini in
discorsi semplici e di fiducia.
P.B.
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