Si pensava un tempo che il buon educatore fosse quello che sapeva farsi rispettare, poco importa se anche con l'uso di "correzioni corporali".
Persino la Bibbia lo consiglia. In Proverbi 23, 13-14 si legge:
"Non trattenere la disciplina dal semplice ragazzo. Nel caso che tu lo batta con la verga, non morirà. Con la verga tu stesso devi batterlo, per liberare la sua medesima anima dallo stesso Sceol."
Oppure, ancora in Proverbi 13, 24:
"Chi trattiene la sua verga odia suo figlio, ma chi lo ama è colui che in effetti lo cerca con la disciplina".
Ma cosa pensano gli educatori, gli psicologi e i pedagogisti oggi? Una risposta ce la dà Alberto Pellai nel testo che segue.
Gli schiaffi servono in educazione?
Lo schiaffo è una bomba che scoppia in faccia
Fa sì che un bambino per sempre taccia.
Fa male alla pelle ma ancor di più
Mi affoga nell’ansia e non vengo più su.
Se credi che per riuscire a calmarmi
Lo schiaffo ti serve e può fermarmi
Ti dico che invece uno schiaffo è una bomba
Che spinge noi bimbi a un silenzio di tomba.
Così non potremo mai più raccontare
Che cosa ci aveva fatto arrabbiare.
A volte un capriccio vuol farti capire
Che provo qualcosa che non riesco a dire.
Ho poche parole e molti pensieri
Per dirti che anch’io ho momenti neri.
Se provo paura, ho il cuore in subbuglio
A volte qualcosa ti dico e farfuglio
Ma spesso è più facile per un bambino
Star zitto e fare il birichino.
Lo so che non devo farti arrabbiare
Ma a volte non mi so proprio fermare.
Tu mettimi allora in castigo e se puoi
Non darmi mai schiaffi è il patto fra noi.
Filastrocca tratta da "Nella pancia del papà" di A.Pellai (Franco Angeli Editore)
Uno schiaffo sulla faccia, una sculacciata: quanti di noi quando non ne possono più, ricorrono alle mani per riportare la disciplina con i propri figli? C’è chi si lascia scappare una sculacciata. Succede….ma siamo davvero convinti che sia la cosa migliore per un figlio? C’è che invece dà sberle sulla faccia. E in questo caso vorrei farvi riflettere sul fatto che ogni volta che ricorriamo a questo tipo di punizione corporale per ristabilire l’ordine, facciamo un clamoroso autogol. Perché un ceffone sul volto lascia un segno non solo sulla pelle ma anche sul cuore. E attraverso di esso nostro figlio impara da noi che la forza fisica può essere usata per risolvere i problemi. Non va trascurato il fatto che molti bulli, che usano violenza nei confronti dei coetanei, sono in molti casi minori che sono stati educati e cresciuti in un clima di violenza famigliare. Ho già pubblicato questa poesia – dedicata allo schiaffo – lo scorso anno. E ha suscitato riflessioni e commenti da parte di centinaia di adulti. Il tema mi sembra sempre molto valido: ecco perché la ripubblico sulla mia pagina Facebook. Molti, nei loro commenti passati, hanno usato come motivazione a favore delle sberle ai figli questa giustificazione: Quando i genitori davano le botte ai loro figli, c’era molto più rispetto e obbedienza. Ora, invece, che nessuno si permette di dare sberle ai figli, la maleducazione è all’ordine del giorno. Vi invito a riflettere su questa domanda: davvero i bambini che ricevono sberle imparano ad obbedire ai genitori, perché – grazie ai ceffoni ricevuti – li ritengono autorevoli e affidabili? Oppure dare sberle ai figli significa insegnargli a risolvere i problemi applicando la regola del "più forte". Personalmente penso che la violenza genera violenza. Anche quando è utilizzata a scopo educativo. Nessuna formazione del cuore, dello spirito, dell'anima potrà mai nascere da un atto di forza fisica. Ciò che ci rende davvero educatori è la forza del nostro cuore, non quella delle nostre mani. E' la com-petenza del genitore ciò che educa un figlio, non la sua potenza.
Se pensate che ci sia un adulto che ha bisogno di riflettere su queste parole condividete con lui questo post. E condividetelo anche se pensate che per coltivare la pace nel mondo bisogno partire dalle piccole cose e dalle piccole scelte che compiamo ogni giorno in famiglia e con le persone che ci vivono accanto. Non c'è pace del mondo se non c'è pace del cuore.
L'ARTICOLO è TRATTO DALLA PAGINA FACEBOOK DI ALBERTO PELLAI PER CONCESSIONE DELL'AUTORE.
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