In genere a scuola spetta agli insegnanti discriminare (nel senso e stretto e buono del termine) gli alunni i bravi, i capaci, da quelli che proprio non ce la fanno. Nell'ottica della personalizzazione, poi, agli uni spetta un trattamento specifico (in genere si parla di potenziamento o valorizzazione), agli altri strategie diverse di recupero e/o inclusione.
Cosa pensare, però, quando la "scuola della vita" boccia docenti che non c'avevano capito un tubo, perché avevano di fronte un genio che hanno scambiato per un somaro (con tutto il rispetto per i somari, che tra gli animali pare che abbiano un notevole QI)?
Cosa si direbbe di una scuola inclusiva che si lascia "scappare" Charles Darwin?
E come si saranno sentiti gli esaminatori del Politecnico di Zurigo che respinsero Albert Einstein? No, dico, Einstein!
Quanto alle metodologie didattiche centrate sull'allievo e alla "didattica" accattivante, ad un insegnante di fisica non dovrebbe fare molto piacere sentir dire da un allievo "Non andavo bene e trovavo la materia ben poco ispirante", soprattutto se l'allievo è Peter Higgs, lo scopritore della "Particella di Dio".
Ce ne sono a centinaia di aneddoti di questo tipo, ma segnaliamo comunque 7 casi emblematici censiti in un articolo di Rai Scuola: "I Geni che andavano male a scuola"
Ciò che possiamo fare, di fronte a casi di questo tipo, è riflettere su alcune considerazioni (tra le tante che se ne potrebbero fare) sul modo di fare scuola, che forse - ed è lecito supporlo davvero - si lascia scappare tante "teste ben fatte" (il virgolettato è un omaggio a Morin) da sotto il naso:
- Le intelligenze multiple vengono davvero coltivate e valorizzate? Si pensi allo spazio dato alla musica, nelle scuole, alla pittura o alla scrittura creativa nei piani di lavoro delle materie linguistiche;
- Gli spazi del far lezione, le aule, i laboratori e, non ultimo, il tempo scuola, sono congeniali alla creatività e all'espressione libera di sé?
- Esiste flessibilità epistemologica nell'approccio alle discipline? Oppure gli insegnanti (noi insegnanti) siamo rigidi rispetto a percorsi, metodologie, approcci?
Per farla breve, ognuno di questi geni incompresi potrebbe insegnarci qualcosa sulle falle del sistema di istruzione e sul generale modo di fare scuola, di intendere le discipline, di considerare i confini tra selezione e inclusione.
Se ci mettessimo davvero a riflettere su quanto potenziale viene disperso per i difetti del setaccio, e non per i difetti dei setacciati (consapevoli che il paragone con il setaccio, sebbene renda bene l'idea, è del tutto errato), forse dovremmo fare lotte e proteste non contro la riforma di turno o il comma dell'articolo X, ma a favore di una totale rivoluzione del sistema di istruzione e formazione. Insomma utopia, almeno in Italia.
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