Mi riempie di compassione.
È una donna di 89 anni, che ha studiato fino alla seconda elementare. Dopo di che ha passato le giornate a cucinare per gli uomini che lavoravano nei campi, quando l'Italia era in prevalenza un paese agricolo: "i' ammasseva i maccarun", io ammassavo i maccheroni. Ha lavorato come un mulo, e se oggi l'Italia è un paese ricco dovremmo essere grati alle persone come lei.
Eppure c'è del rammarico in quegli occhi, quando dalla TV arrivano suoni ed immagini di un mondo che non capisce, che a volte interpreta come può e che altre volte rinuncia a comprendere. "I' chess capisc, alla scola n'n m' c'hann mannat": io questo capisco, perché a scuola non mi ci hanno mandato. Lo ripete sempre, amareggiata. Il mondo non lo capisce davvero, o lo capisce troppo poco ormai, ma è abbastanza intelligente da capire di non capire, e questa è insieme una consapevolezza e una condanna. Non ha mai imparato ad imparare; legge male e quindi legge poco e in tutta la sua vita avrà usato la scrittura solo per fare la sua firma, non più di cinque o sei volte.
Però nonna spesso mi fa da carburante quando proprio non mi va. Mi capita di essere demotivato a volte, con la sensazione di chi prova a svuotare l'oceano con un bicchierino da caffè. Faccio molti errori quando sto in classe: "avrei potuto o dovuto fare così", me lo dico sempre troppo tardi. Mi piace scherzare con gli studenti, ma a volte li accartoccerei. Poi segue un respiro profondo, mantengo la calma quasi sempre, e si va avanti. Altre volte però sbrocco, come direbbero loro. Pazienza.
Ma l'obiettivo, per quanto possibile, è togliere dagli occhi delle persone la frustrazione di chi si accorge di non capire il mondo, per mancanza di curiosità o per mancanza di chi la curiosità te la poteva far venire. Sarebbe bello avere un mondo di nonne libere: libere di leggere quel mondo che i loro nipoti sono impegnati a scrivere. E per questo - come direbbe lei scherzando - a 37 anni ancora vado a scuola.
Eppure c'è del rammarico in quegli occhi, quando dalla TV arrivano suoni ed immagini di un mondo che non capisce, che a volte interpreta come può e che altre volte rinuncia a comprendere. "I' chess capisc, alla scola n'n m' c'hann mannat": io questo capisco, perché a scuola non mi ci hanno mandato. Lo ripete sempre, amareggiata. Il mondo non lo capisce davvero, o lo capisce troppo poco ormai, ma è abbastanza intelligente da capire di non capire, e questa è insieme una consapevolezza e una condanna. Non ha mai imparato ad imparare; legge male e quindi legge poco e in tutta la sua vita avrà usato la scrittura solo per fare la sua firma, non più di cinque o sei volte.
Però nonna spesso mi fa da carburante quando proprio non mi va. Mi capita di essere demotivato a volte, con la sensazione di chi prova a svuotare l'oceano con un bicchierino da caffè. Faccio molti errori quando sto in classe: "avrei potuto o dovuto fare così", me lo dico sempre troppo tardi. Mi piace scherzare con gli studenti, ma a volte li accartoccerei. Poi segue un respiro profondo, mantengo la calma quasi sempre, e si va avanti. Altre volte però sbrocco, come direbbero loro. Pazienza.
Ma l'obiettivo, per quanto possibile, è togliere dagli occhi delle persone la frustrazione di chi si accorge di non capire il mondo, per mancanza di curiosità o per mancanza di chi la curiosità te la poteva far venire. Sarebbe bello avere un mondo di nonne libere: libere di leggere quel mondo che i loro nipoti sono impegnati a scrivere. E per questo - come direbbe lei scherzando - a 37 anni ancora vado a scuola.
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