Probabilmente molti contenuti di questo testo possono non essere condivisibili. Altrettanto probabilmente qualche pedagogista potrebbe risentirsi di alcune osservazioni tutt'altro che tenere che l'Autore rivolge alla sua professione.
Vero è che un principio presente nel testo è indiscutibile, e forse ne è addirittura la colonna portante: la constatazione che, di fronte alla scolarizzazione di massa che ha portato nelle scuole italiane studenti provenienti dai più disparati contesti sociali, anziché dare di più e meglio a chi si trovava in situazioni di svantaggio si è invece "abbassata l'asticella" per tutti. Anziché potenziare l'offerta, in special modo a chi aveva in partenza di meno, si è svilita la domanda, rendendo la scuola apparentemente "di tutti", ma lasciandola in balia di chi, disponendo di risorse economiche che altri non hanno, quel "di più" lo ha cercato e lo cerca altrove, a suon di quattrini: master, perfezionamenti, scuole di élite, studio all'estero.
Ernesto Galli della Loggia, che probabilmente non è un addetto ai lavori, ma che certo è un intellettuale lucido ed onesto, evidenzia in un percorso storico senza fronzoli l'evoluzione della scuola italiana che ha aderito alle differenze senza fare la differenza; che spesso ha perso l'essenziale per il superfluo.
Il libro, inoltre, mette sotto accusa i miti culturali responsabili della crisi attuale: l'immagine a tutti i costi negativa dell'autorità, l'obbligo assegnato alla scuola di adeguarsi a ciò che piace e vuole la società (dal digitale al disprezzo per il passato), la preferenza del «saper fare» sul sapere in quanto tale, la didattica «attiva» e di gruppo. Altrettanti ideologismi che sono serviti a oscurare il ruolo dell'insegnante, la misteriosa capacità che dovrebbe essere la sua di trasmettere la conoscenza e con essa di assicurare un futuro al nostro passato.
Un pedagogista come Dario Ianes ha apprezzato questo libro, nonostante l'Autore, lo ripetiamo, non sia affatto clemente con la categoria.
A questo proposito scrive:
Una voce severa contro una scuola debole, asservita e riproduttrice delle disuguaglianze sociali e funzionale alla inesistente politica, senza contestazioni studentesche né familiari, una voce impegnata verso un’istruzione alta ed emancipatrice davvero, in una scuola “bastione di un’orgogliosa diversità dalla società”.
L’autore non è tenero con i pedagogisti, ma da pedagogista sono più in accordo che disaccordo
Un'ulteriore e valida ragione per leggerlo.
**********************
Nessun commento:
Posta un commento