E' il preside dell'Istituto che sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano.
“Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare.
Quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue
freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare – con le dovute precauzioni – a fare una vita
normale.
Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate,
per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo – se state bene – di
restare chiusi in casa.
Non c’è alcun motivo
per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a
chi è malato, servono solo a loro.
La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo
all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si
spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente”, prosegue il dirigente scolastico.
E qui il messaggio: “Uno dei rischi più grandi in vicende
del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è
l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del
vivere civile.
L’istinto atavico
quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo
ovunque,
il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come
ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore.
Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo
dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i
suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia
per preservare il bene più prezioso
che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità.
Se non riusciremo a
farlo la peste avrà vinto davvero. Vi aspetto presto a scuola“.
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