E' un bellissimo monologo di Giorgio Gaber sul determinismo sociale: la storia ancestrale delle disuguaglianze, di improbabili corse ad ostacoli in cui c'è sempre chi parte in vantaggio e chi deve per forza rincorrere.
Fa sorridere, e difatti il pubblico che in teatro ascoltava questo monologo lo faceva, ma di un sorriso amaro, agrodolce.
Fa sorridere, e difatti il pubblico che in teatro ascoltava questo monologo lo faceva, ma di un sorriso amaro, agrodolce.
Chi scrive lo ha fatto recitare a due alunni della scuola elementare, e riuscì davvero bene.
Consigliato.
In fondo trovate anche la versione video (con audio)
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- Io mi chiamo G.
- Io mi chiamo G.
- No, non hai capito, sono io che mi chiamo G.
- No, sei tu che non hai capito, michiamo G anch’io.
- Ah, Il mio papà è molto importante.
- Il mio papà... no.
- Il mio papà è forte, sano e intelligente.
- Il mio papà è debole, malaticcio... e un po’ scemo.
- Il mio papà ha tre lauree e parla perfettamente cinque
lingue.
- Il mio papà ha fatto la terza elementare e parla in
dialetto. Ma poco, perché tartaglia.
- Io sono figlio unico e vivo in una grande casa con
diciotto locali spaziosi.
- Io vivo in una casa piccola. Però c’ho diciotto fratelli!
- Il mio papà è molto ricco guadagna 31 miliardi al mese che
diviso 31 che sono i giorni che ci sono in un mese, fa un miliardo al giorno.
- Il mio papà è povero: guadagna 10.000 al mese che diviso
31 che sono i giorni che ci sono in un mese fa... circa... 10.000 al giorno!!!
…al primo giorno. Poi dopo basta.
- Noi siamo ricchi ma democratici. Quando giochiamo a
tombola segniamo i numeri con i fagioli.
- Noi, invece, segniamo i fagioli con i numeri. Per non
perderli.
- Il mio papà ogni anno cambia la macchina, la villa e il
motoscafo.
- Il mio papà non cambia nemmeno idea.
- Il mio papà un giorno mi ha portato sulla collina e mi ha
detto: Guarda! Tutto quello che vedi un giorno sarà tuo.
- Anche il mio papà un giorno mi ha portato sulla collina e
mi ha detto: guarda!
Basta.
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