A nessuno di noi piacciono le privazioni di libertà. E ci mancherebbe altro. Eppure conviviamo quotidianamente con decine, centinaia, di queste limitazioni: non possiamo sfrecciare per strada alla velocità che vogliamo, ad esempio: ci sono i limiti di velocità. Non possiamo far stare i nostri figli senza istruzione: c'è l'obbligo di istruzione e dobbiamo mandarli a scuola. Non possiamo detenere un bene senza pagarne una tassa allo stato: ci sono le imposte sugli immobili. Si potrebbe continuare così per ore.
Questo vuol dire che, per alcuni ambiti, non esiste la libertà assoluta; esiste invece una libertà relativa, che è indispensabile quando si convive in comunità più o meno ampie. E difatti queste limitazioni di libertà si pongono quando entrano in gioco gli interessi di più persone. A quel punto la libertà del singolo trova un limite per garantire anche agli altri di esercitare i loro diritti.
I limiti di velocità per strada, ad esempio, non servono solo a tutelare la salute dello sconsiderato che li infrange, ma soprattutto quella di un malcapitato che potrebbe essere investito, ammazzato o ferito dal comportamento di chi non li rispetta.
Ancora. I bambini devono sottostare all'obbligo di istruzione perché l'ignoranza non nuoce solo al singolo, ma all'intera comunità. Occupare porzioni di suolo con una abitazione di proprietà significa generare una quantità di inquinamento e consumare risorse che appartengono alla collettività: con le tasse sugli immobili si compensa questo utilizzo di risorse.
Quindi, la libertà individuale è sempre un valore assoluto? No, a volte è un valore relativo che trova dei limiti quando due o più libertà si incontrano.
E con i vaccini? Con i vaccini funziona allo stesso modo.
La comunità scientifica ha giù risposto alle obiezioni tecniche, legittime, che si sollevano, e cioè a quelle sulla presunta mancata sperimentazione dei vaccini (quella influenzale, che cambia di anno in anno, ha forse una sperimentazione alle spalle?) e sulle sciocchezze secondo cui i contagi, i ricoveri e i decessi sarebbero i medesimi tra vaccinati e non vaccinati.
A questo punto resta la questione legata al tema della libertà, rispetto a cui valgono gli stessi principi già detti: se non vaccinandomi restassi confinato in casa e non potessi in nessun modo influenzare le vite altrui, ben venga il diritto di non inocularmi alcunché; ma se invece andassi in giro e contribuissi alla circolazione del virus, allora le cose cambiano: vaccinarsi diventa un dovere verso la collettività. E' uno di quei casi in cui la libertà da assoluta si tramuta in relativa.
Per questa ragione, e cioè per la tutela della salute pubblica, è da ritenere indispensabile l'obbligo vaccinale, soprattutto per gli ufficiali che sono a contatto con decine e decine di persone ogni giorno: personale sanitario, insegnanti, addetti agli sportelli pubblici, ristoratori...
Se non si accetta l'obbligo vaccinale, poiché si mette al primo posto la propria salute rispetto a qualsiasi altra cosa (persino la salute dell'intera collettività!), si corra allora il rischio di restare senza stipendio (anche questa è una scelta della tanto invocata libertà).
Con i vaccini si rischia qualcosa? Certo, come si rischia per ogni farmaco assunto (si legga a questo proposito il bugiardino della tachipirina), ma ogni limitazione di libertà implica delle privazioni.
Un esempio può chiarire il concetto: il diritto al lavoro implica il dovere di recarsi sul posto in cui si presta il servizio lavorativo: l'ufficio, la fabbrica, il cantiere...
Una quantità enorme di persone raggiunge il proprio posto di lavoro in macchina. Ecco, nel solo 2019 in Italia ci sono stati, per incidenti stradali, 3.173 vittime (morti entro 30 giorni dall’evento) e 241.384 feriti. Una quantità infinitamente più alta rispetto a qualsiasi effetto collaterale previsto per i vaccini. Eppure, per evitare il collasso dell'economia personale e nazionale, nessuno si sognerebbe mai di invocare la libertà di non andare a lavorare per evitare il rischio di morte per incidente stradale.
Per il vaccino vale lo stesso.
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