Per il Consiglio di Stato “il decreto impugnato non sarebbe da qualificarsi regolamento e sarebbe stato correttamente adottato dalle Amministrazioni resistenti in qualità di atto amministrativo generale”, che in quanto tale, come affermato dalla Corte Costituzionale il 22 luglio 2010, “esprime una scelta di carattere essenzialmente tecnico, con cui l’amministrazione persegue la cura degli interessi pubblici a essa affidati dalla legge”.
Conseguentemente, i provvedimenti a suo tempo impugnati e annullati dal TAR Lazio, non sono stati sottoposti alla procedura prevista dall’art. 17 della legge 400/1988, che definisce i passaggi da seguire per l’emanazione di Regolamenti da parte del Governo o di singoli Ministeri.
Cade insomma l’accusa di eccesso di potere che costituiva una delle motivazioni di accoglimento del ricorso da parte del TAR. Per il Consiglio di Stato l’atto amministrativo in questione non può essere di per sé lesivo di interessi concreti, il che ne impedisce l’impugnazione sotto tale profilo; questa potrà casomai verificarsi nei confronti di “un provvedimento applicativo, che renda attuale l’eventuale pregiudizio, radicando l’interesse alla reazione in sede giurisdizionale”.
Si pone ora il problema di come il Ministero intenderà dare applicazione al nuovo quadro normativo essendo ormai avviato a conclusione l’anno scolastico in corso.
Nessun commento:
Posta un commento